Il sonno protegge dal cancro. Il riposo notturno favorisce la formazione di melatonina, che sembra ridurre il rischio di malattia.
Astensione dal fumo, alimentazione corretta, lavorare in un ambiente non inquinato, rifuggire da sedentarietà, tutto questo fa parte di un "pacchetto" di abitudini di vita che possono diminuire il rischio e quindi l'incidenza dei tumori. Ad essi si aggiunge il rispetto dei
turni di
sonno e veglia. L'importanza del ritmo circadiano, e delle proteine ad esso legate, interessa sempre di più l'oncologia sperimentale. Molte delle funzioni biologiche dell'essere umano (e degli animali) seguono un pattern ciclico nelle 24 ore, regolato da qualcosa che si può definire un "pacemaker" circadiano, localizzato nell'ipotalamo. La
melatonina è un ormone di tipo indoleamina, prodotto nella ghiandola pineale o ipofisi, secreta al buio e durante le ore notturne.
Da tempo si è sviluppato il concetto che questo ormone possa essere tra gli agenti protettivi da alcuni tumori. Una delle prime evidenze sperimentali epidemiologiche, presentata dalla Danish cancer society, risale al 2001. La ricerca dimostrava che, nelle donne tra 30 e 54 anni che svolgevano lavoro notturno per almeno sei mesi, il rischio di sviluppare un cancro al seno era del 50 per cento superiore a quello medio. Secondo gli studiosi, nelle lavoratrici che hanno lavorato a lungo di notte (ad esempio oltre sei anni) il rischio aumentava, arrivando al 70% in più rispetto alle colleghe occupate nelle ore diurne. Era stato postulato che ciò fosse in parte dovuto alla ridotta produzione di
melatonina, a cui erano soggette le lavoratrici dei
turni di notte. Il concetto che si evince dai dati è che il
sonno non basta: bisogna
dormire anche di notte.
Uno studio analogo, condotto dall'Harvard Medical School di Boston, era apparso due anni fa sulla rivista Epidemiology. Gli statistici americani avevano monitorato per 12 anni oltre 115.000 infermiere che svolgevano anche attività di servizio notturno. Un lavoro di notte protratto nel tempo sembrava avesse una relazione con l'aumento della possibilità di contrarre un tumore al seno. Delle lavoratrici studiate, 1.352 hanno sviluppato il carcinoma mammario durante il periodo preso in considerazione, con un'incidenza superiore alla media.
Il primo studio a dare una base molecolare a questa osservazione è stato appena pubblicato sul Journal of National Cancer Institute. Tra gli autori del lavoro Paola Muti, direttore scientifico dell'IRCCS Oncologico Regina Elena di Roma, e Sabrina Strano, responsabile del gruppo della Chemioprevenzione Molecolare dello stesso istituto, Franco Berrino, Giorgio Secreto e altri, dell'Istituto Tumori di Milano, ed è frutto di una collaborazione con Holger Schunemann, a Buffalo, ed Eva Scherrnhammer alla Harvard University-School of Public Health. I livelli del principale metabolita dell'ormone, la 6 sulfatossi
melatonina, sono inferiori nelle donne a maggior rischio. I risultati di questo studio evidenziano un importante ruolo della
melatonina endogena nella prevenzione dei tumori al seno (vedi box).
Ma la
melatonina come "farmaco" può essere un agente chemiopreventivo per i tumori? Su questo secondo punto i dati sono ancora sperimentali. Una ricerca di un paio di anni fa aveva dimostrato l'esistenza di un rapporto causa-effetto tra ridotte concentrazioni dell'ormone
melatonina e la maggiore incidenza di tumori negli animali da laboratorio. I risultati dello studio del Bassett Research Institute di Copperstone (NY) e della The Thomas Jefferson University di Filadelfia erano stati pubblicati dalla rivista Cancer Research.
Il neuroendocrinologo David Blask, co-autore dello studio, e i suoi colleghi avevano esaminato il tumore della mammella in un modello sperimentale. I topolini erano stati trattati con campioni di sangue prelevati da volontari sani con concentrazioni variabili di
melatonina, prelevati dai donatori in condizioni diverse: di giorno, di notte, dopo l'esposizione a luce o oscurità. I campioni ricavati da soggetti tenuti in totale oscurità, più ricchi di
melatonina, riducevano visibilmente la massa tumorale. La ricerca utilizzava estratti complessi di
melatonina endogena e non
melatonina purificata o sintetica, ma è comunque indicativa degli effetti protettivi anche a livello sperimentale.
Quali sono i meccanismi di azione della
melatonina? Molti e complessi. Intanto interferisce con l'acido linoleico, di cui il tumore ha bisogno per crescere. Sequestrandolo, la
melatonina ne ritarda la crescita. La
melatonina è inoltre un anti-ossidante che contrasta i radicali liberi che rendono il DNA delle cellule più suscettibile alle mutazioni. La
melatonina stimola anche la sintesi di serotonina e acido gamma-aminobutirrico, inibitore neurale legato alla tranquillità.
Queste ricerche confermano l'importanza del ruolo degli orologi biologici e potrebbero spiegare in parte la maggior incidenza del tumore alla mammella che si osserva nelle lavoratrici costrette ai
turni not
turni. Ciò porta anche a riflettere sulle diverse condizioni lavorative e alle relative tutele.
* Resp. Ricerca Oncologica IRCCS Multimedica Sesto S. Giovanni, Milano
Fonte
repubblica.it
I risultati dello studio internazionale
SONO state studiate (P. Muti et. al.) 3966 donne in post-
menopausa appartenenti alla coorte di una ricerca prospettica caso-controllo su ormoni e dieta nell'eziologia e rischio del tumore mammario. L'équipe internazionale ha misurato la concentrazione del maggior metabolita della
melatonina, la 6 sulfatossi
melatonina, in campioni di urine raccolte al mattino, per circa 900 donne. Di queste, 178 avevano sviluppato più tardi un tumore e le altre 710 fungevano da controllo. È stato visto che i livelli di metabolita più alti erano accompagnati da un rischio più basso di tumore. Donne con la più alta concentrazione nelle urine di 6 sulfatossi
melatonina avevano il minor rischio di cancro. L'associazione era più forte nelle non fumatrici. Solo 40 delle 992 donne studiate tra quelle a più alta
melatonina hanno sviluppato una neoplasia rispetto a 56 di quelle nel "quartine" più basso.
Fonte
repubblica.it